Archivio | gennaio, 2010

Libera mente in libero tallone

25 Gen

Quando ero bambino non temevo nulla – figuriamoci la velocità. Ecco perché mi sono schiantato con la bici, a piedi e pure con gli sci. Oggi sono meno temerario, nel senso che la velocità non mi eccita particolarmente. Ed evidentemente neppure io piaccio tanto a lei!

Negli anni ho scoperto la mia vera natura, coerente anche in ambito sportivo: resistenza, impegno ed entusiasmo. Oggi mi piace alzarmi presto ed attaccare una salita mentre sorge il sole, trovarmi in quota in mezzo al silenzio, spezzare il pane e versare il té, scollinare in compagnia e portarmi verso nuove mete. Inseguo un rapporto con la natura che sa donarmi armonia come poche altre cose.

Questa visione idilliaca funziona benissimo in estate. Ma in inverno? Tutto più complicato, rispetto alla bella stagione (come siamo facili nelle definizioni, nonostante la ricchezza delle stagioni!). La neve è fantastica, chi lo nega forse ha un problema con se stesso – ma rende la montagna più pericolosa. E quindi anche più affascinante. L’importante, certo, è prenderla nel modo giusto.

Vivere la montagna in inverno per molti è sinonimo di piste battute, ristoranti self-service, doposci e settimane bianche. Anche quando il bianco è artificiale come la sabbia della spiaggia sotto l’Arco della Pace a Milano in Agosto. Lo sci classico ha fatto parte dei miei inverni fino a quando, qualche anno fa, ho incominciato a non sopportarlo più. Troppo caro, troppo affollato, troppo pigro. La montagna non era ambiente naturale col quale rapportarsi, ma parco giochi per i capricci del solito consumatore occidentale.

Abbandonato quasi lo sci, ho guardato con curiosità, ma anche con timore, allo scialpinismo. Mi sembrava un modo per vivere la montagna come in estate, salendo e scendendo con le proprie gambe, al ritmo lento dell’alpinista. Ma il pericolo delle slavine e la mancanza di esperienza mi hanno impedito di fare quello che avevo fatto con l’escursionismo: andare anche da solo.

Non ci sono dubbi: è difficile che si inizi con lo scialpinismo senza seguire un gruppo o un amico. Ho pensato allora di rimediare con le ciaspole. O almeno di provarci, per piccoli ed incerti passi. Ma che hanno aperto una via, di volta in volta più attraente. E quest’anno, improvvisamente, è capita l’occasione di imboccare deciso il sentiero della montagna in inverno.

Scialpinismo. E neve fresca. Con le pelli. Quindi telemark… Tanta carne al fuoco, meglio far chiarezza. Se nello scialpinismo si sale un colle con il tallone libero e con curve decise si ridiscende fuori pista, nel telemark si applica invece un diverso stile di sciata – da praticare dove ti pare! Sempre con il tallone libero si piegano le gambe fino quasi a sedersi, mentre con movimenti alternati si spinge avanti il piede a valle compiendo… un passo.

Camminare in salita, camminare in discesa: splendido! Sembra fatto per me. In queste ultime settimane ho fatto i primi timidi tentativi, con rovinose paperate e qualche soddisfazione, piccola sulla carta ma enorme per me! Ho ancora molto da imparare ed è una questione di esperienza. Telemark e Scialpinismo si sposano a meraviglia per dar vita ad una filosofia sciistica a basso impatto ambientale ma intenso rapporto con la montagna.

Il semplice gesto di liberare il tallone, libera anche il corpo e lo spirito.

Presto farò un corso base di scialpinismo: un po’ di teoria e di pratica con le tecniche. Credo sia importante, anche per imparare ad usare gli indispensabili strumenti di sicurezza (anche se mai di certezza). Anche se sono convinto che le migliori armi contro i pericoli siano il rispetto per la montagna e la prudenza. Termini fuori moda ma immortali!

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Per chi fosse curioso di scoprire qualcosa su Scialpinismo e Telemark, ci sono ottime fonti qui e qui, qualche video qui ed un gruppo di appassionati qui. Invece le mie poche (per ora) foto, scattate tra una sciata ed un banchetto, si trovano come sempre qui.

Per un’etica condivisa

15 Gen

Agnostici e atei non credono in Dio, non si sentono coinvolti da questa presenza perché non la sentono reale, ma sono consapevoli che invece le religioni che professano Dio fanno parte della storia umana, della società, del mondo. Come essi non trovano ragioni per credere, altri invece le trovano e sono felici: gli uni pensano che questo mondo basti loro, gli altri sono soddisfatti di avere la fede. Ma proprio questo fa dire che l’umanità è una, che di essa fanno parte religione ed irreligione e che, comunque, in essa è possibile, per credenti e non credenti, la via della spiritualità.

Spiritualità non intesa in stretto senso religioso, ma come vita interiore profonda, come fedeltà-impegno nelle vicende umane, come ricerca di un servizio agli altri, attenta alla dimensione estetica e alla creazione di bellezza nei rapporti umani. Spiritualità, soprattutto, come antidoto al nichilismo che è lo scivolo verso la barbarie: nichilismo che credenti e non credenti dovrebbero temere maggiormente nella sua forza di negazione di ogni progetto, di ogni principio etico, di ogni ideologia.

Purtroppo questo nichilismo viene sovente definito relativismo, finendo per confondere il linguaggio del dialogo e del confronto e portando all’incomprensione reciproca. Ed è lo stesso nichilismo che, paradossalmente, può assumere la forma del fanatismo in cui ci sono certezze assolute, dogmatismi, intolleranza che accecano fino a rendere una persona disposta a morire e a far morire.

No al nichilismo, dunque, ma allora emerge l’urgenza di riconoscere la presenza di una spiritualità anche negli atei e negli agnostici, capaci di mostrare  che, se anche Dio non esiste, non per questo ci si può permettere tutto: persone che sanno scegliere cosa fare in base ai principi etici di cui l’uomo in quanto tale è capace. […] Si tratta, per tutti, di essere fedeli alla terra, fedeli all’uomo, vivendo e agendo umanamente, credendo all’amore, parola si abusata oggi e sovente svuotata di significato, ma parola unica che resta nella grammatica umana universale per esprimere il “luogo” cui l’essere umano si sente chiamato.

Un libricino regalato per Natale, una lettura semplice ma profonda. Soprattutto, una lettura necessaria, stimolante e provocante. Il discorso di Bianchi è lucido e perfettamente calzante per il periodo che viviamo: una stagione “cattiva”, come la definisce lui, dove troppo spesso sembrano prevalere negli uomini i sentimenti peggiori. La soluzione potrebbe essere allora riscoprire le proprie radici, riaccendere la propria spiritualità, scacciare il nichilismo latente del nostro tempo.

Perché solo con la condivisione ed il dialogo possiamo sperare di remare nella giusta direzione. Che qualcuno chiamerebbe “sviluppo integrale di ogni uomo e di tutto l’uomo”. Parole che non necessitano citazioni per essere condivise.

Silvester Inside

7 Gen

Buon 2010.

Potrebbe anche bastare, se non fosse che il Capodanno, regolarmente, è una di quelle feste o celebrazioni a cui diamo più importanza di quanta ne meriti.

Ho sentito amici impegnati da settimane per il cenone; altri invece schifati e decisi ad andare a letto alle 11 precise. Alcuni aspettano quasi apposta l’ultimo minuto per aggregarsi ad una compagnia (e non doverci pensare troppo). C’è poi chi si spreca in analisi dell’anno, anzi del decennio, e prova a pronosticare il futuro – che immancabilmente appare tetro.

Indubbiamente gli anni passati non sono stati né leggeri né facili. Ma sono sicuro che nella storia di ognuno ci sia anche del buono da salvare, quindi ricordare. Su quello possiamo costruire. E certamente domani ci saranno ancora difficoltà, dolori e soprattutto confusione (mi sto rendendo conto che è uno dei nostri peggiori drammi: ne riparleremo). Ma come non pensare anche alle nuove opportunità, alle conferme che ci sostengono, alla possibilità che le cose, in fondo, se lo vogliamo, possano andare tutto sommato bene?

Allora lascerei che il Capodanno, senza caricarlo di troppi significati positivi o negativi, sia giusto l’occasione per segnare il momento – quali che siano i percorsi su cui ci troviamo. Perché l’unico modo per raggiungere la meta è camminare.

Quanto al mio Capodanno: una riuscita festa fra amici nuovi ma vicini, mangiando e bevendo bene, in allegria, nella cornice accogliente della Val Sarentino. What else?

Al solito, tutte le foto della serata si possono vedere su Flickr.