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Nella terra dell’abbondanza

25 Apr

Hey, dico… la primavera si finge estate, la natura riprende colori e profumi, le vie di montagna e di valle sono finalmente accessibili… non si può restare chiusi in casa!

Ma cosa fare? In queste settimane mi trovo senza auto e non ho molto tempo per organizzare, quindi ho pensato che la bici potesse essere la via di fuga perfetta per girare nei paraggi. Molto vero… sulla strada, imprevisti, ho incrociato: meli e vigne, laghi e laghetti, boschi fitti come labirinti, paesi lustrati a nuovo, simpatici ciclisti da ciclabile, una sorpresa di museo dedicato alla montagna.

Questi luoghi sono davvero la terra dell’abbondanza. E non dovremmo mica scordarcelo, perché nulla è dovuto, a ben guardare! Anche per questo, restare a casa sarebbe come minimo un peccato: con poco sforzo si può godere a fondo della natura e della civiltà, che qua sembrano andare a nozze meravigliosamente! Penso a quante volte per pigrizia o noia sono rimasto fermo a casa – giusto per passare il tempo tra un vizio e l’altro (ché, il lavoro non può essere forse un vizio? ;-). Invece ho preso un bel po’ d’aria fresca, mi sono lasciato stupire dal MMM ed ora a casa mi gusterò un bella cena!

(per i curiosi -> brodino vegetale aromatizzato, pesce azzurro con cipollotti freschi e té oolong, asparagi margarete in salsa bianca, gelato avalon + sauvignon blanc :-D

MA oggi sperimento di nuovo col blog, che queste escursioni mi piacerebbe condividerle – magari a qualcuno viene voglia di rifarle – oppure semplicemente esce di casa (outdoor?) per un po’!

* Bolzano-Caldaro in MTB, tra laghetti e opere di montagna

Inforcare la propria mtb, ovvero la bici da montagna (la mia è una Beone hardtail, però magari delle questioni tecniche ne parlo in un altro post), e prendere la ciclabile che da Bolzano punta verso sud seguendo il fiume Isarco. Seguire le indicazioni per Appiano/Caldaro, appena fuori dalla città. Si piega prima verso nord, poi si punta decisi con facile salita verso sud-ovest, seguendo le indicazioni per Caldaro senza difficoltà. La ciclabile è comoda, ma arrivati a Caldaro conviene abbandonarla e prendere le stradine che scendono tranquille verso il lago di Caldaro. Un giretto ed una pausa non sono sgraditi, sui prati al lago! Inizia però ora la parte di vera mtb (evitabile tenendosi su strade asfaltate per tornare verso nord, direzione Bolzano). Inforcare il sentiero sul fianco della montagna che porta ai laghetti di Monticolo, percorrere con un po’ di avventura la Frühlingstal, “valle  primavera” (sembra uno scherzo, ma…), e raggiungere il percorso che gira attorno ai laghetti. Qua si può sostare di nuovo, scovando i non rari posticini rilassati per una bevuta – e anche un pisolino magari! Riprendendo le due ruote, si prosegue ancora verso nord seguendo le indicazioni per il Sigmundskron che, inevitabilmente, portano a sentieri poco ciclistici: scendere dalla bici se serve e rimontare subito dopo per godersi la bella discesa. Qualcuno ha deciso di fare paese da queste parti ed il risultato è quella piccola perla di Colterenzio. I sentieri continuano poi nei boschi, facili da seguire ma incasinati da un bike-park con salti, tornanti e ponti sospesi… io li ho evitati, giusto per non rimetterci il collo ;-) Si arriva quindi al Castello di Firmiano, si smonta dalla bici e si spendono (bene) 8 euro per la visita al museo di Messner. Dedicato alle dolomiti, affascina anche per il notevole recupero delle rovine, oltre che per il continuo gioco fra dentro e fuori, fra opere che raccontano i mille volti della montagna e sguardi persi a distanza sulla valle e sulle cime altoatesine. Come non prendere allora una radler (birra+limonata, inventata proprio per i ciclisti :-) prima di scendere poco sotto la rocca e tornare in città, imbucandosi sulla comoda ciclabile.

[6 ore con la visita, circa km 40, dislivello 400 m] – Altre foto sono qui

In libera uscita tra i crocus

11 Apr

Oggi volevo ingannare le stagioni e quindi mi sono armato di bici, ripulita dell’attrezzatura invernale, e sono partito a cuor leggero verso i monti che sovrastano Bolzano. Volevo andare fino a Salten, un altopiano coperto di conifere e, in questo periodo, di crocus: piccoli e graziosi fiori che dipingono i prati di splendidi colori.

La stagione non è ancora matura ed il freddo mi ha ovviamente sorpreso… Ma i fiori c’erano, ancora timidi sulla terra appena meno che gelida. E Salten è uno spettacolo – che dovrò recuperare in prossime uscite, assolutamente.

Sono sceso a pieno gas alla disperata ricerca di calore. Però il silenzio e la solitudine del giro mi hanno permesso di riflettere su tre o quattro cose e di metabolizzare alcune letture interessanti degli ultimi giorni. Partendo dalla conclusione, ho sentito ancora una volta che, nonostante tutto (in questo caso l’aria gelida e la mia stupida impreparazione), buttarsi anima e corpo nelle esperienze che si vivono è la cosa migliore.

Con le strategie di ripiego e di magro ozio non si arriva da nessuna parte. Incontrando persone, immergendosi nella natura, giocandosi sempre al proprio meglio, invece, si valorizza ogni minuto che ci è concesso. E si porta a casa tanto – quasi troppo ;-) Serve allora la pausa giusta per capire e capirsi.

Ripensavo ad una bella poesia letta su Terre des Hommes (che poi ha rimosso – boh!): che sia o no di Jorge Luis Borges, “Istanti” mi racconta di un anziano che cerca di smuovere il giovane, dicendogli in sostanza: vivi, perché nulla è più importante. E lo dice in modo semplice, con parole dirette che esprimono bene come mi sento in questo momento…

Un altro spunto interessante e per nulla scontato è venuto da un post del Cavoletto. Qua si parlava di Wabisabi: mi sembra una vera e propria cultura, ben oltre la filosofia e la tradizione, che si fonda su una forte spiritualità – l’arte di sentire la bellezza e la profondità del mondo, nell’imperfezione ed unicità di ogni cosa, e dove ogni essere vivente e non vivente percorre la propria strada dall’inizio alla fine. E’ in questo arco di vita che abbiamo l’opportunità di scoprire l’armonia che ci circonda.

Il post merita una lettura rilassata. Io ho colto uno spunto molto bello, che riassumerei così: essere in armonia con la natura è un dono del tempo. Tempo dono natura armonia, hanno un significato molto più ampio della semplice definizione da vocabolario. La natura propria e quella materiale, l’armonia di azione e riflessione dentro di sé e verso l’esterno, il dono che va riconosciuto per essere accettato e vissuto, il tempo della vita che racchiude le nostre esistenze…

Insomma, potrei andare avanti così per ore; ma lascio invece spazio alle proprie ricerche personali. La ricerca per me è la migliore strategia da applicare, mai da rinunciare. Nel segno di queste riflessioni, sono anche tornato a mettere le mani in pasta: il gesto più concreto che conosco per passare dalle parole alle azioni ;-)

(Ps doveroso: col pane dovevo anche tornare ad allenarmi, per cercare di non rovinare tutto a questo splendido evento!)

To be continued…

Odles und Alm

17 Ott

Ovvero, come ritornai in Alto Adige con passo lento e deciso

Al terzo piano c’è un parcheggio che ricopre quasi tutto l’enorme edificio. Appoggiato al muretto del lato ovest, ho respirato l’aria della zona industriale e osservato l’altopiano del Renon fino a quando le luci del giorno sono svanite.

Si è così consumato, senza botti né compagnia, il mio ritorno in Alto Adige.

Bolzano poggia in una conca al confluire di tre fiumi: Isarco, Talvera e Adige; sorge in posizione soleggiata, relativamente a bassa quota. E’ una città calda d’estate e fredda d’inverno, industriale e ricca ma anche popolare e tradizionale, divisa e purtroppo contesa tra italiani madrelingua italiana e italiani madrelingua tedesca. Un luogo d’unione e di confine, che la natura e la storia ha reso importante e trafficato.

Trovare casa, comprare l’essenziale, pulire un poco e sistemarmi, iscrivermi al corso di lingua, iniziare un nuovo lavoro. Esplorare, scoprire, capire, imparare. C’è abbastanza materiale per un grande pasto, col rischio di abbuffarsi e rimettere. Ma anche con l’entusiasmo per le tante novità; che sono anche dei ritorni. Ogni luogo, come ogni persona, cambia spesso volto, ma conserva una propria essenza che è possibile ritrovare. Sempre.

L’Alto Adige non mi è certo sconosciuto e l’ho cercato tante volte prima d’ora, sia sul piano materiale che sul piano umano. Suggestione indotta dal turismo, forte amore per la montagna, ammirazione per il lavoro dei locali, ricerca di mete sempre più alte. Mi sento un po’ come quei bravi ragazzi inglesi di metà Ottocento che cercavano la Svizzera col mito delle altezze paradisiache, del buon alpigiano, dello spirito assoluto.

Un pugno di signorotti inglesi che hanno scalato tutte le cime dell’arco alpino, nonostante fossero coscienti d’inseguire un immaginario alpino inesistente nei fatti. Anche io me ne rendo conto, ma oggi è più facile: 150 anni di massificazione e industrializzazione lasciano il segno, pur non cancellando le vecchie tracce.

Sono venuto per lavorare, per realizzare progetti, per condurre da me la mia canoa. Sono aperto a tutto ciò che incontrerò strada facendo, soprattutto gli insegnamenti che ogni nuovo cammino porta con sé. Le difficoltà non mancano mai, soprattutto nelle cose per le quali vale la pena vivere. Se avevo timori, erano quelli di finire lentamente confinato in una vita cittadina fatta di aperitivi, nervosismo e magre consolazioni.

L’avvicinamento all’Alto Adige è stato un sentiero lungo e complesso, ricco di emozioni positive e anche negative. Ho capito che ogni cosa bella, ogni traguardo, non si può ottenere subito, su due piedi. Ci vogliono molti passi e molti sforzi, ma è l’unica strada da percorrere. E nel mezzo le sorprese non mancano mai. Mesi in cui mi sono rafforzato, lavorando sulle tante debolezze, cercando di migliorare le soluzioni ai problemi di sempre; e giocando d’equilibrio sui valori che sento, pochi ma essenziali e sempre più convinti.

Non potevo certo farmi mancare una camminata per celebrare, quindi imprimere nel cuore e nella mente, il nuovo corso che ho intrapreso. E mi sono concesso anche il bis, cambiando formula per salutare il definitivo ritorno della MTB nella mia vita. Un bel giro ad anello intorno alle Odles il cammino, un percorso sali e scendi sugli alpeggi dello Sciliar il giro in bici.

Ogni trekking sulle favolose cime dolomitiche offre un genuino incontro con la natura, tanto da lasciare inebriati, e assieme un perfetto esempio di come questa sia considerata una mera merce da vendere e rivendere senza sosta. Ma nonostante tutta le sciocchezza di cui siamo capaci come genere umano, le rocce con gli alpeggi e le foreste, così come alcuni esempi di vera economia alpina contemporanea, resistono e restano le protagoniste.

La MTB offre la possibilità di coprire lunghi percorsi, ma non tanto frettolosi da lasciarci indifferenti. Arrivare a Tires e poi sotto lo Sciliar con i propri piedi è una bella fatica, goduta nella fredda ma soleggiata mattina autunnale. Inoltre, con i sensi allenati e attenti è possibile districarsi fra fasulli masi e veri alpeggi, fino alle malghe dove addentare mele fresche e soddisfare ogni appetito con vero speck e una manciata di caldarroste.

Eccomi qui, senza “connessione” col mondo lontano dove sono cresciuto, ritrovando proprio quelle cose che della mia terra amo di più. E’ strano e curioso sentirsi a casa mentre si è lontani da questa, vivendo in un lager senza tante comodità date ormai per scontate.

Ma riflettendoci bene ho tutto quello che mi serve, in abbondanza: dipende solo dalla prospettiva, e dalla passione con cui si vive.

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Per vedere altre foto scattate tra Odles e Alm, clicca qui.