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Kroatien / Back to the Sea

5 Ott

Un mese dall’ultima messa online. Di acqua ne è passata sotto i ponti. Anzi, sotto la barca ;-)

Nuovi spazi esistenziali in città. Nuove sfide al lavoro. Nuove scoperte personali.

Una delle più sorprendenti è stata il Mare – perché per il sottoscritto si è trattata di una ri/scoperta fatta di odori ed umori, viste e sguardi, genti e luoghi, suoni e momenti… sensazioni che sulla pelle lasciano sale e nell’animo emozioni.

Ho navigato in compagnia, ho nuotato in solitudine. Ho capito che il mare mi piace, se vissuto in sintonia col mio animo – lasciandomi cogliere di sorpresa da questo grande corpo fluido in cui tutto sembra avere inizio e trovare fine.

Mi piace pensare che dove scompare il riflesso della luce del sole, dentro l’abisso nero della profondità dell’acqua, nasca la vita per risorgere a pioggia e sfumare nel bianco delle nevi che tutto racchiudono.

Non avevo mai guardato con cuore aperto e mente libera l’immensità del mare – o forse avevo dimenticato per anni di ascoltarlo. Per sorprendermi oggi della grande somiglianza tra mari e monti, due volti di una stessa medaglia ricca di bellezze.

Una settimana in barca offre l’occasione per veleggiare su questo sottile confine completamente permeabile. L’avventura della navigazione, la compagnia allegra e movimentata, la legge imperante del (dolce?) far nulla… non cancellano ma arricchiscono il viaggio.

Nel confronto con le genti si scopre il senso personale delle cose. E dall’incontro con l’acqua, in terra e in mare, emergono le proprie verità.

Era tempo che si compisse questa ri/unione anche per me. Destino ha voluto che fosse nella Croazia tedesca, con una Crew spumeggiante, in un Tempo cruciale :-)

NorthForth/4 . Fiandre

21 Lug

L’assoluta immobilità della congestione stradale intorno alle città, presagio di un incredibile traffico umano… Oppure la placida campagna tra città medioevali e centri artistici, allegramente colorata da animali e fattorie…

Due immagini a contrasto inviateci dall’unico canale disponibile in auto: tra parabrezza e tettuccio è possibile cogliere scene di vita in movimento senza sosta! Bici che sfrecciano ovunque. Lunghe file ordinate di alberi ad entrambi i lati. Tante, tantissime vacche che presidiano il territorio. Terra verde che lentamente scende per immergersi asciutta sotto il livello del mare. Strisce bianche a disegnare percorsi precisi sul porfido delle città. Sensi unici per nulla rari. Canali mai dritti e gente spanzata al sole, e patatine fritte con le salse, e bancomat introvabili nella patria del capitalismo…

Ecco le Fiandre. Un minestrone molto speziato con ingredienti di stagione. Dopo aver accolto le birre di Westvleteren ci siamo immersi nelle terre basse, ovvero il nord del Belgio, senza farci mancare né campagna né città. Una toccata a Brugge (Bruges) in campeggio, una sveltina a Gent (Gand o Ghent) ed una sbirciata ad Antwerpen (Anversa, o Antwerp): tre punti fermi, in continua evoluzione. Poco oltre l’Olanda, con la sua grande città di canali e cicli ad aspettarci!

* Brugge ricorda Venezia non tanto per l’acqua, quanto per il fatto che sembra un giocattolo commerciale a disposizione di qualsiasi turista. Che altro non cerca, probabilmente…. Ristorantini, piazzette, palazzi curati, prezzi alti e qualità difficile: il pacchetto perfetto della moderna giostra turistica. E quindi, anche per noi, imprendibile :-) Ma proviamo ad essere furbi e ci rifugiamo in un piccolo e fresco campeggio oltre le mura esterne. Lasciamo sfogare il tempo con le ultime piogge e gironzoliamo per vie praticamente deserte. Il fuggifuggi del turista diventa il nostro grande momento di libertà, padroni per una sera del borgo e di tutto quello che cela! Piccolo banchetto al piano superiore di un localino per nulla locale, tra tapas curiose e vini stranieri – facciamo i diversi ma la pausa viene naturale, dopo e prima di tanta altra belgitudine.

La notte di sonno tranquillo spegne ogni mal di viaggio, così mi concedo una corsa nel sole che lentamente, fra vapori trasparenti e strade umide, svela una Brugge sconosciuta. Pani in cassetta e mercatini di frutta/verdura, lavoratori in bici con giornale sul portapacchi, gente in attesa del ponte levatoio sotto la torre di cinta, ristoratori che bevono il primo ed unico caffè in pace di tutta la giornata, ancora capaci di un sorriso rilassato. Non poteva che risultarne una colazione improvvisata fuori dalla tenda, anche per festeggiare il battesimo outdoor di Anto ;-) Pacchi incastrati e auto rimessa in pista, ci godiamo poi la campagna senza nessuna fretta!

* Gent sembra un fuori programma – e lo diventa nei fatti: bella, come l’incontro improvviso con una donna che avevamo aspettato tanto a lungo. Esce il sole, l’atmosfera si scalda, il borgo pulsa di vita e tutto sprigiona allegria. Negozi, canali, locali, cattedrali e cantieri… un carico di scene curiose e piacevolissime. Scopro un Duomo notevole, mistico ed artistico, con una cripta che affonda nella storia d’Europa. Scopriamo che le vie migliori, senza lavori di ammodernamento e piacevoli anche solo da guardare, sono quelle d’acqua, dove cittadini e stranieri si dissetano d’estate ad occhi chiusi. Gustiamo un cartoccio di frites in piazza, una gauffre a regola d’arte in un fumoso bar che puzza d’antico, ed infine alcune caramelle stucchevoli come il sorriso che mostrano.

Abbandonare Gent per rimettersi in strada sembra un delitto. Ma un’altra località ci attrae –  o almeno ha catturato il sottoscritto, già anni fa: Antwerpen, per me città della storia economica, del capitalismo e del commercio, del porto sconfinato e delle culture rimescolate ogni istante. E come spesso accade dopo una lunga attesa, è facile rimanere un po’ delusi. Inizia tutto con il primo traffico, le code e l’immobilismo che tanto contrastano con il piacere dei momenti all’aperto in piena libertà. Ma conquistiamo anche la vecchia tigre, buttando il bagaglio in ostello ed infilandoci in centro, affamati e curiosi come non mai!

* Antwerpen sembra avere tutto – e rischia di dire poco. Moda stiracchiata, vecchi commerci, antico splendore che fatica a riflettersi sull’oggi. Le sponde del grande porto ingialliscono nella luce crepuscolare che avvolge la città. Lo spirito del posto si materializza in un lunghissimo tunnel sotterraneo, che non porta praticamente da nessuna parte: affascinante come ogni cosa che decade ed accende emozioni dimenticate. Sembriamo ora quattro sbandati senza punti di riferimento, senza mete per la cena o destinazioni per lo shopping, e indirizzi per le visite. Una serata ed una mattina passati a vagare nei momenti speciali che solo l’assenza di piani preconfezionati può donare.

Resta così un po’ il vuoto di una città immateriale, effimera, giocata su ricordi luccicanti ed illusioni mondane. Il ritmo allora rallenta, il passo è sempre meno carico di aspettative e ci si lascia cogliere dalle idee più semplici – spesso anche le migliori! Seduti ad un tavolino, birre belghe a ruota libera, pane e companatico improvvisati, aria trasparente ad accompagnare i nostri non/pensieri. Momenti di vuoto puro, di cervello in stand-by che attende, pronto ad accogliere. Tutti presenti, eppure completamente assenti: il bianco della pagina nuova in una storia ancora da scrivere. Solo Antwerpen poteva riuscirci :-)

Questo piccolo, inatteso momento di verità in compagnia dura il tempo di una birra (o più birre ;-): affatto infinito, semplicemente umano. Incominciamo ad intravedere l’Olanda oltre il vicino confine ed i pensieri si riaccendono… sono sirene che cantano e noi non abbiamo la forza di resistere. Antwerpen svanisce così dal nostro viaggio, uscendo di scena con nuove code, traffico e noia: ogni vera storia ha il suo intreccio – dopo un momento di svolta, arriva regolare la caduta.

Che prepara al successivo climax…

Odles und Alm

17 Ott

Ovvero, come ritornai in Alto Adige con passo lento e deciso

Al terzo piano c’è un parcheggio che ricopre quasi tutto l’enorme edificio. Appoggiato al muretto del lato ovest, ho respirato l’aria della zona industriale e osservato l’altopiano del Renon fino a quando le luci del giorno sono svanite.

Si è così consumato, senza botti né compagnia, il mio ritorno in Alto Adige.

Bolzano poggia in una conca al confluire di tre fiumi: Isarco, Talvera e Adige; sorge in posizione soleggiata, relativamente a bassa quota. E’ una città calda d’estate e fredda d’inverno, industriale e ricca ma anche popolare e tradizionale, divisa e purtroppo contesa tra italiani madrelingua italiana e italiani madrelingua tedesca. Un luogo d’unione e di confine, che la natura e la storia ha reso importante e trafficato.

Trovare casa, comprare l’essenziale, pulire un poco e sistemarmi, iscrivermi al corso di lingua, iniziare un nuovo lavoro. Esplorare, scoprire, capire, imparare. C’è abbastanza materiale per un grande pasto, col rischio di abbuffarsi e rimettere. Ma anche con l’entusiasmo per le tante novità; che sono anche dei ritorni. Ogni luogo, come ogni persona, cambia spesso volto, ma conserva una propria essenza che è possibile ritrovare. Sempre.

L’Alto Adige non mi è certo sconosciuto e l’ho cercato tante volte prima d’ora, sia sul piano materiale che sul piano umano. Suggestione indotta dal turismo, forte amore per la montagna, ammirazione per il lavoro dei locali, ricerca di mete sempre più alte. Mi sento un po’ come quei bravi ragazzi inglesi di metà Ottocento che cercavano la Svizzera col mito delle altezze paradisiache, del buon alpigiano, dello spirito assoluto.

Un pugno di signorotti inglesi che hanno scalato tutte le cime dell’arco alpino, nonostante fossero coscienti d’inseguire un immaginario alpino inesistente nei fatti. Anche io me ne rendo conto, ma oggi è più facile: 150 anni di massificazione e industrializzazione lasciano il segno, pur non cancellando le vecchie tracce.

Sono venuto per lavorare, per realizzare progetti, per condurre da me la mia canoa. Sono aperto a tutto ciò che incontrerò strada facendo, soprattutto gli insegnamenti che ogni nuovo cammino porta con sé. Le difficoltà non mancano mai, soprattutto nelle cose per le quali vale la pena vivere. Se avevo timori, erano quelli di finire lentamente confinato in una vita cittadina fatta di aperitivi, nervosismo e magre consolazioni.

L’avvicinamento all’Alto Adige è stato un sentiero lungo e complesso, ricco di emozioni positive e anche negative. Ho capito che ogni cosa bella, ogni traguardo, non si può ottenere subito, su due piedi. Ci vogliono molti passi e molti sforzi, ma è l’unica strada da percorrere. E nel mezzo le sorprese non mancano mai. Mesi in cui mi sono rafforzato, lavorando sulle tante debolezze, cercando di migliorare le soluzioni ai problemi di sempre; e giocando d’equilibrio sui valori che sento, pochi ma essenziali e sempre più convinti.

Non potevo certo farmi mancare una camminata per celebrare, quindi imprimere nel cuore e nella mente, il nuovo corso che ho intrapreso. E mi sono concesso anche il bis, cambiando formula per salutare il definitivo ritorno della MTB nella mia vita. Un bel giro ad anello intorno alle Odles il cammino, un percorso sali e scendi sugli alpeggi dello Sciliar il giro in bici.

Ogni trekking sulle favolose cime dolomitiche offre un genuino incontro con la natura, tanto da lasciare inebriati, e assieme un perfetto esempio di come questa sia considerata una mera merce da vendere e rivendere senza sosta. Ma nonostante tutta le sciocchezza di cui siamo capaci come genere umano, le rocce con gli alpeggi e le foreste, così come alcuni esempi di vera economia alpina contemporanea, resistono e restano le protagoniste.

La MTB offre la possibilità di coprire lunghi percorsi, ma non tanto frettolosi da lasciarci indifferenti. Arrivare a Tires e poi sotto lo Sciliar con i propri piedi è una bella fatica, goduta nella fredda ma soleggiata mattina autunnale. Inoltre, con i sensi allenati e attenti è possibile districarsi fra fasulli masi e veri alpeggi, fino alle malghe dove addentare mele fresche e soddisfare ogni appetito con vero speck e una manciata di caldarroste.

Eccomi qui, senza “connessione” col mondo lontano dove sono cresciuto, ritrovando proprio quelle cose che della mia terra amo di più. E’ strano e curioso sentirsi a casa mentre si è lontani da questa, vivendo in un lager senza tante comodità date ormai per scontate.

Ma riflettendoci bene ho tutto quello che mi serve, in abbondanza: dipende solo dalla prospettiva, e dalla passione con cui si vive.

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