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Una cavolo d’insalata di pane alla tirolese

16 Giu

Questo dovrebbe essere un post di cucina, con ricetta e foto – è invece un racconto abbastanza strambo, quindi simpatico ;-)

Prefazione. Da molti anni mio fratello ed un suo caro amico, condividendo il giorno del compleanno, festeggiano assieme con una pasto goliardico. Essendo Maggio e volendo godersi la stagione buona, la scelta è quasi sempre ricaduta sulla grigliata all’aperto con molti invitati e parecchia birra. Purtroppo, dal punto di vista culinario, le cose non sono sempre andate bene, con banchetti non proprio memorabili – soprattutto perché i festeggiati finivano sempre per doversi occupare di tutto, senza volerlo fare (giustamente, pare: si devono pur divertire!). Ora che i due giovani compivano 30 anni tondi, ed avendo deciso nonostante tutto di insistere con la grigliata, mi ero ripromesso di dare una mano. Una mano concreta: mi sono offerto, anche felicemente, di gestire tutta la cucina della festa. Ho passato così l’ultimo weekend ad affumicarmi e rosolarmi tra chili di carne, fuochi impazziti e bocche da sfamare.

Intreccio. Nel frattempo era saltato fuori questo concorso un po’ originale, indetto dalla mente sempre vivace di Sigrid (del Cavoletto di Bruxelles): cucinare una ricetta del Libro del Cavolo per cercare di vincere uno dei premi in palio. Bello, mi son detto: devo partecipare! E avevo accuratamente scelto l’unica quasi-non-ricetta del libro, ovvero il Tiramisù à la Belge descritto in ultima pagina, a corollario del volume: la mia variante univa la birra trappista con il quark alpino ed il cioccolato artigianale italiano. Un omaggio ai luoghi che mi appartengono, al viaggio appena concluso ed ai buoni prodotti del nostro sciagurato Paese. Il tutto da realizzare in bicchieri trasparenti per la festa dei trentenni.

Svolgimento. Venerdì scorso, la sorpresa… Resta parecchio pane inutilizzato da un progetto aziendale, che sarebbe un delitto buttare. Ripiego allora sulla ricetta di pag. 150, Insalata di pane e peperoni, inventandomi su due piedi una “Insalata di Pane alla Tirolese, ovvero a Modo Mio”.  La ricetta prevede tutti prodotti tipici del territorio altoatesino, rielaborati unendo semplici ricette della tradizione locale. Ne è uscita un’insalata ricca di sapore, quasi troppo, adatta ai palati più curiosi e meno delicati… una piccola grande incompresa alla festa ;-)

Conclusione. Proprio durante la grigliata viene il bello. Perché finisce che l’insalata è l’ultimo dei miei pensieri e non ne faccio neppure una foto! No foto, no disegno, no assaggio, no briciole… no concorso? Non so, ma sono contento che la festa sia piaciuta e soprattutto che le persone (pare) siano state bene. Anche se questa cavolo di insalata non dovesse conquistare l’immortalità, resterà sempre un buon ricordo di un giorno speciale!

A meno che, preso dal giusto umore, qualcuno non voglia replicare la ricetta semiseria de…

Insalata di Pane alla tirolese, ovvero a Modo Mio

Usare un paio di chili di pane vecchio altoatesino, ovvero di tipo tedesco, scuro, con segale ed aromi vari nell’impasto. Farlo a pezzetti come viene e metterlo in forno una mezzora a 200° mescolando ogni tanto, quando ci si ricorda. In una scodellona sbriciolare un mezzo chilo di graukäse, il formaggio grigio magrissimo e puzzosissimo delle valli locali, con abbondante cipolla tagliuzzata fresca ed aceto bianco quanto basta, aggiungendo semi di finocchio e cumino secondo gusto. In una seconda scodellona affettare finemente un bel cavolo cappuccio di medie dimensioni, mescolarlo con aceto di mele ed arricchire con semi di anice e bacche di ginepro. Versare sui crauti (= il cavolo affettato) un mezzo chilo di speck buono, ma buono davvero, fatto a fettine e passato in padella qualche minuto senza alcun grasso aggiunto a guastare. Lasciar riposare le scodellone in frigo o al fresco quanto più possibile, senza però rovinarsi la fame. Alla fine, unire le tre parti in un’unica insalatona di pane e servire a temperatura ambiente accompagnata da birra – bianca o bionda o scura, non importa purché si stia in buona compagnia :-D

I Giorni del Libero Mercatino

22 Dic

Muoversi durante il ponte di Sant’Ambrogio è un’idea quantomeno discutibile: a seconda della meta e della stagione, il viaggio può trasformarsi in tragedia o in commedia, ovvero in un miscuglio delle due con trama incerta. Se poi il luogo prescelto è l’Alto Adige e il periodo è quello natalizio, c’è la garanzia di vivere un tranquillo ponte di epica passione. Nel male come nel bene.

Avvento e Natale in queste valli più o meno famose sono oggi sinonimo di turismo, turisti e mercatini natalizi. Scarso spazio viene riservato ai valori profondi, familiari e sociali, delle settimane sempre più fredde di Dicembre, che culminano finalmente con le feste più attese dell’anno. O almeno così sembra ad un primo sguardo: code di auto e bus, treni stracolmi, centinaia di migliaia di visitatori per milioni di accoppiate vincenti vin brulé – strudel.

In tutte le principali località si svolgono gli ormai tradizionali mercatini di Natale, anche se in realtà non possono vantare una lunga storia. A Bolzano abbiamo il più grande, Bressanone e Merano ne allestiscono altri molto frequentati e pure in vari paesi minori, come Sarentino o Vipiteno, si snodano fra le vecchie vie piccoli e raccolti mercatini. Inoltre per il ponte di Sant’Ambrogio, che in queste valli si accompagna all’antica festa di Sankt Nikolaus, quasi ogni borgo organizza celebrazioni e ritrovi, eventi in piazza e piccoli baracchini (ma di lusso) dove servire specialità e brindare con una tazza blu di vino caldo profumato alla cannella.

Un festeggiare di grande successo, dal punto di vista commerciale. Senza dubbio le organizzazioni locali hanno saputo costruire con vantaggio negli anni, fino ad attirare in queste regioni nordiche un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo. Un vantaggio però che non premia tutti allo stesso modo: ci sono quelli che in quattro settimane fanno la fortuna di un intero anno, e quelli che devono sopportare clienti tanto curiosi quanto poco inclini all’acquisto.

Nel mescolarsi di tutte queste genti, viene naturale chiedersi se le città nel complesso, ma anche la regione tutta, tragga ormai un genuino vantaggio dalle orde di turisti in visita. Per citare alcuni degli ovvi problemi, troppo spesso sottovalutati con sciocca miopia: congestione e inquinamento, riduzione della qualità ricettiva, diminuzione della qualità della vita per i residenti, massificazione della destinazione col rischio di perdere quell’immagine di unicità ed esclusività indispensabile per sostenerne l’attrattività.

C’è chi ne ha parlato in modo compente (e giustamente appassionato): l’Alto Adige sta scherzando col fuoco del suo stesso successo. Fino a quando sarà capace di domarlo, nessuno può dirlo. Potrebbe anche darsi che ci si trovi già oltre il confine, quella sottile linea rossa tra valorizzazione di un territorio e frettolosa/pericolosa svendita dello stesso. Spostarsi a Bolzano il 6 Dicembre era (a dir poco) una tragedia, i dolci e le bevande (mal) gustate nella calca andavano di traverso e le (difficili) chiacchiere con gli amici in visita avevano il tono di una commedia nera.

Sono le regole del Libero Mercato (meglio: del Libero Mercatino Natalizio), qualcuno potrebbe argomentare, soddisfatto del tornaconto personale, concreto o presunto. Allora si mette in vetrina il meglio dell’Alto Adige e si fa dell’accoglienza, della tradizione, dell’ambiente i propri punti forti e imprescindibili? Qualche dubbio sorge. Ai mercatini troppo spesso speck, strudel e glühwein (= vin brulé) sono prodotti mediocri dal facile smercio: un ottimo guadagno per i forti gruppi che ne controllano produzione e distribuzione di massa. Le casette natalizie ospitano ben poche produzioni locali, tradizionali e artigiane, preferendo vecchi espedienti per cogliere al volo i sornioni turisti e spennarli di qualche euro. L’ambiente resta sullo sfondo, ancora magnifico visto dalle lontane vie della città (per chi lo nota). Ma nelle pieghe delle montagne si incidono ferite sempre più dolorose che, per quanto ancora poco visibili, sviliscono il motivo stesso per cui questa terra è tanto ricercata.

Non credo che i Giorni del Libero Mercatino faranno la vera fortuna del territorio altoatesino. Non sappiamo a quale curva del sentiero ci troviamo e se ancora conserviamo abbastanza fiato per proseguire senza cadere rocambolescamente. Gli esempi di valli in forte declino o già moribonde, un tempo ridenti stazioni turistiche sia estive che invernali, sono numerose in tutto l’arco alpino e anche oltre. Mentre già si affacciano sulla scena leopardi delle nevi e lupi dell’est con una carica sempre più travolgente.

Mi viene in mente lo spettacolo “Miserabili” di Marco Paolini con i Mercanti di Liquore, che qualche anno fa avevo visto a Milano e poi riascoltato tante volte in disco (e trasmesso anche da La7): un lavoro artigianale e genuino, decisamente ruspante. Nella bella canzone di chiusura dell’album (Liberomercato) si parla dell’incontro tra democrazia e libero mercato… una relazione dall’esito incerto, ma fondamentale. Forse solo un senso partecipativo della libertà individuale potrebbe cambiare la qualità della vita, privata come sociale, anche nel proprio territorio.

In Alto Adige ci sono segni positivi e motivi di ottimismo, non scontati e ancora troppo nascosti. A Sarentino il mercatino è piccolo e raccolto, l’atmosfera è accogliente (gemütlich), i prodotti sono locali e artigianali. Tutto questo ha un prezzo: richiede voglia di cercare e scoprire, uscendo dai pacchetti preconfezionati del turismo di massa. L’intera Val Sarentino racchiude innumerevoli gemme e una sola visita non può bastare: formaggi e speck da sballo (@elisamarco) in originali malghe, minuscole saune con profumi di pino mugo, remote pareti di montagne ottime per sciare in pace, realtà famigliari che condividono la propria tavola semplice e genuina.

La ricerca è come una salita, che all’inizio ci domina minacciosa, e alla fine ci ricompensa generosamente. Dall’alto di un giogo alpino, così vicino agli alberghi di lusso eppure così lontano nella foresta dimenticata, si può ritrovare una dimensione umana che stiamo lentamente perdendo. Tra un estremo e l’altro, tra la massa impazzita e il silenzio immobile del gelo invernale, esistono tanti livelli intermedi fatti di momenti belli e memorabili. Una cena in compagnia in un antico maso condotto dal polso sicuro di una giovane altoatesina; una serena giornata di dure salite in sci e discese profumate nei vapori dell’acqua; il caldo di casa tra musica e coinquilini per un allegro brindisi natalizio; il fresco mattutino ed il canto raccolto della Chiesa in celebrazione; quel minuto di silenzio fra le impronte profonde nella neve fresca, cercando di rintracciare il passato ma scoprendosi, con stupore, di essere già un passo oltre.

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Per qualche altra foto dei Giorni del Libero Mercatino, clicca qui.

Fuori Stagione: Stoanerne Mandln, Törggelen e Biolife

26 Nov

L’ultimo weekend è passato all’insegna delle esperienze più diverse, il tutto in un clima a dir poco bollente, per la stagione. Siamo a fine novembre ed il cielo azzurro, condito da temperature miti anche in quota, fanno credere a tutti gli animali della terra che sia venuto già il momento di metter via i piumini.

Non sarà così e presto o tardi l’inverno salirà sul palco per il suo solito monologo – e tutti lo stiamo aspettando! Ma intanto questa piacevole coda autunnale apre possibilità inattese per escursioni fuori porta ed esperienze tra passato e presente. Ogni cosa sembra a modo suo fuori stagione, e intendo dimostrarlo ;-)

Sabato mattina, con il mio fratellone in trasferta a Bolzano per un frugale (mica troppo) fine settimana, abbiamo optato per una camminata mattutina: meta gli Stoanerne Mandln, una dolce cima di 2000 m tra la Val Sarentino e la Valle dell’Adige, dove qualche sconosciuto ha pensato bene di metter su (letteralmente) centinaia di ometti di pietra. Ignoro il motivo, ma il luogo è davvero suggestivo, in particolare se unito al panorama circostante. Non potevamo che stupirci però dei 12 gradi alle ore 11: maglietta e pantaloncini erano fuori programma, oltre che fuori stagione.

Dopo un pomeriggio di acquisti sportivi e cuori di castagna (Kastanienherz) un po’ Lost in traslation (niente Scarlett, purtroppo), abbiamo fatto gruppo con coinquilino e fidanzata per un Törggelen nella Val Isarco. Si tratta di una festa tipica, di una cena conviviale in cui ci si raccoglie intorno ad un tavolo per condividere piatti tradizionali poveri ma sostanziosi, bere vino fatto in casa, pagare una stupidata e cercare di tornare a casa interi. Oggi come oggi nel periodo autunnale praticamente ogni ristorante e Gasthof propone menu su questo tema, ma tante e troppe sono le fregature per turisti. Grazie invece alle sapienti segnalazioni di amici locali, il nostro Törggelen al Winklerhof è stato un concerto di sapori, uno spettacolo per i sensi, un’esperienza di genuina tradizione offerta e condivisa con gli ospiti del maso. Un piccolo grande gioiello quello che racchiude Villandro, un luogo tra i pochi dove poter apprezzare le radici profonde di una cultura. Lontano dalla massa, dai falsi proclami e dalle insipide tentazioni di molte tavole. Fuori stagione per definizione – e quindi ancora più apprezzato.

Domenica, non sazi e ancora in salute, abbiamo speso la giornata a Biolife, fiera del Biologico e di quello che gli gira attorno. Inutile dire che per mio fratello era un appuntamento “obbligatorio”. Ma anche il sottoscritto ha avuto la sua buona fetta di divertimento, almeno fino a quando un numero esagerato di visitatori ha invaso la fiera cercando soprattutto di mangiare a scrocco. Le cause vanno rintracciate anche, bisogna dirlo, nella scelta di affiancare la Fiera d’Autunno con quella sul bio: così i locali erano pieni e tutti potranno dire che è stato un successo. La qualità però, anche in questo caso, non va nella stessa direzione della quantità (anzi). E’ stata dura cercare di incontrare davvero alcuni produttori per stringere la mano a chi fa vera agricoltura e vero allevamento, a chi ci da pane speck mele rape zucche miele olio castagne… riconnettendoci con la natura nel gusto. Un piccolo sforzo ricompensato da volti e prodotti di stagione, decisamente stagionati e fuori stagione/moda, che vedranno forse un giorno tempi migliori. Come meritano.

Si rientra in settimana con tanti impegni sul tavolo ed esperienze nello zaino. Mi sento sempre, dopo queste giornate alternative e alternate a settimane lavorative, un po’ massaia e un po’ esploratore., un po’ studente e un po’ impiegato, un po’ vagabondo e un po’ tradizionalista. Insomma un po’ fuori, almeno rispetto alla stagione contemporanea.