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Kroatien / Back to the Sea

5 Ott

Un mese dall’ultima messa online. Di acqua ne è passata sotto i ponti. Anzi, sotto la barca ;-)

Nuovi spazi esistenziali in città. Nuove sfide al lavoro. Nuove scoperte personali.

Una delle più sorprendenti è stata il Mare – perché per il sottoscritto si è trattata di una ri/scoperta fatta di odori ed umori, viste e sguardi, genti e luoghi, suoni e momenti… sensazioni che sulla pelle lasciano sale e nell’animo emozioni.

Ho navigato in compagnia, ho nuotato in solitudine. Ho capito che il mare mi piace, se vissuto in sintonia col mio animo – lasciandomi cogliere di sorpresa da questo grande corpo fluido in cui tutto sembra avere inizio e trovare fine.

Mi piace pensare che dove scompare il riflesso della luce del sole, dentro l’abisso nero della profondità dell’acqua, nasca la vita per risorgere a pioggia e sfumare nel bianco delle nevi che tutto racchiudono.

Non avevo mai guardato con cuore aperto e mente libera l’immensità del mare – o forse avevo dimenticato per anni di ascoltarlo. Per sorprendermi oggi della grande somiglianza tra mari e monti, due volti di una stessa medaglia ricca di bellezze.

Una settimana in barca offre l’occasione per veleggiare su questo sottile confine completamente permeabile. L’avventura della navigazione, la compagnia allegra e movimentata, la legge imperante del (dolce?) far nulla… non cancellano ma arricchiscono il viaggio.

Nel confronto con le genti si scopre il senso personale delle cose. E dall’incontro con l’acqua, in terra e in mare, emergono le proprie verità.

Era tempo che si compisse questa ri/unione anche per me. Destino ha voluto che fosse nella Croazia tedesca, con una Crew spumeggiante, in un Tempo cruciale :-)

NorthForth/6 . Texel

12 Ago

Quante volte vi è capitato di vedere i personaggi di un film correre in spiaggia, circondati da gabbiani ed illuminati da una tiepida luce? Quante volte ho pensato alla banalità di questa scena – portandomi però dietro la curiosità di scoprire come sia davvero, correre liberi in riva al mare di primo mattino…

A Texel, piccola isola all’estremità nord dell’Olanda, ho finalmente soddisfatto la curiosità. Ho provato di persona l’esperienza (seguito da Anto in versione sportiva), cercandola ma lasciandomi sorprendere. La sabbia è dura e fredda, sveglia i piedi e quindi la mente. L’aria è sempre in movimento, la luce è profonda e non scalda, ma rischiara la mente. Tutto è quieto, i suoni si orchestrano in una melodia senza spartito ma che trasporta, fa volare… E ci si lascia andare, si allargano le braccia ad imitare il gabbiano con un sorriso di piacere, puro e intenso!

Io che i gabbiani, senza motivo (o forse per colpa di quel Livingston!), li ho sempre mal sopportati. La corsa e la spiaggia e la libertà mi hanno fatto sentire leggero come un gabbiano che vola, vola e punta dritto la dove deve andare – l’istinto che segna la direzione senza inutili pensieri.

Non è poco, per un’isoletta scoperta frettolosamente. Non è male, per l’ultimo giorno di ferie: arrivati a toccare il punto più a nord del viaggio, restava solo la via del ritorno, giù verso sud. Ma il Mar del Nord andava incontrato, almeno annusato. Per segnare il momento nel cuore e chiudere la NorthForth, DirezioneNord, che aveva orientato il nostro viaggiare. Ultime battute, poi casa e lavoro.

Texel è venuta dopo Amsterdam: un’eredità difficile da reggere. Ma l’isoletta ha giocato di contropiede, offrendo un piatto ben diverso dai mille sapori della città: un gusto locale e rilassato, semplice ed essenziale, povero nei mezzi ma di ampio respiro. Dalla città avevamo portato con noi parecchie vivande per banchettare al chiarore della (quasi) infinita sera nordica… Per addormentarci infine sotto le stelle, dalla tenda piazzata in mezzo alle dune.

Questi olandesi amano il campeggio, adorano i camper, le tende e naturalmente le bici. Un bel vedere per noi che veniamo da terre ben diverse. Un Paese che vive molto all’aperto, piuttosto che al chiuso; che cerca la natura, preferendo l’organico all’artificiale. Avverto una sintonia imprevista tra me e questa gente. Forse potrei anche io trasferirmi con un camper sulle Isole Frisone, a viver di pesca e pecorelle…

Ma intanto non potevamo farci sfuggire l’occasione di un bagno nel Mar del Nord! Tanta fatica per arrivarci e non provare l’acqua? Non da me, non da Cambo. Incuranti di cartelli e baristi minacciosi, ci siamo “tuffati” nel mare – per tre minuti ;-) Acqua gelida e sporchina, con spiaggia sabbiosa e sterminata, praticamente deserta. Dicono si riempia solo a Luglio ed Agosto: tanto meglio, diciamo noi!

Lo sguardo di un faro imponente ci accompagnava tutto il tempo: noi scrutavamo lui, lui curava noi. Mi piace l’idea di una luce sempre pronta a rompere le tenebre anche per me. Un punto fermo per la vista smarrita. Una direzione da cogliere e seguire…

Al mattino, con una bella luce brillante (nonostante l’ora), alzarsi e correre non era stato un grande sforzo. La giornata era iniziata con una tale carica di libertà, che mi ero deciso a lasciar andare le briglia del viaggio. Perché occuparmi tanto del dove e come andare? Era stata la scelta migliore, guidare e scegliere e spingere? Basta: volevo provare la spontaneità assoluta – e vedere cosa ne sarebbe saltato fuori!

Ma questo è l’epilogo della storia. E merita due parole a parte ;-)

NorthForth/4 . Fiandre

21 Lug

L’assoluta immobilità della congestione stradale intorno alle città, presagio di un incredibile traffico umano… Oppure la placida campagna tra città medioevali e centri artistici, allegramente colorata da animali e fattorie…

Due immagini a contrasto inviateci dall’unico canale disponibile in auto: tra parabrezza e tettuccio è possibile cogliere scene di vita in movimento senza sosta! Bici che sfrecciano ovunque. Lunghe file ordinate di alberi ad entrambi i lati. Tante, tantissime vacche che presidiano il territorio. Terra verde che lentamente scende per immergersi asciutta sotto il livello del mare. Strisce bianche a disegnare percorsi precisi sul porfido delle città. Sensi unici per nulla rari. Canali mai dritti e gente spanzata al sole, e patatine fritte con le salse, e bancomat introvabili nella patria del capitalismo…

Ecco le Fiandre. Un minestrone molto speziato con ingredienti di stagione. Dopo aver accolto le birre di Westvleteren ci siamo immersi nelle terre basse, ovvero il nord del Belgio, senza farci mancare né campagna né città. Una toccata a Brugge (Bruges) in campeggio, una sveltina a Gent (Gand o Ghent) ed una sbirciata ad Antwerpen (Anversa, o Antwerp): tre punti fermi, in continua evoluzione. Poco oltre l’Olanda, con la sua grande città di canali e cicli ad aspettarci!

* Brugge ricorda Venezia non tanto per l’acqua, quanto per il fatto che sembra un giocattolo commerciale a disposizione di qualsiasi turista. Che altro non cerca, probabilmente…. Ristorantini, piazzette, palazzi curati, prezzi alti e qualità difficile: il pacchetto perfetto della moderna giostra turistica. E quindi, anche per noi, imprendibile :-) Ma proviamo ad essere furbi e ci rifugiamo in un piccolo e fresco campeggio oltre le mura esterne. Lasciamo sfogare il tempo con le ultime piogge e gironzoliamo per vie praticamente deserte. Il fuggifuggi del turista diventa il nostro grande momento di libertà, padroni per una sera del borgo e di tutto quello che cela! Piccolo banchetto al piano superiore di un localino per nulla locale, tra tapas curiose e vini stranieri – facciamo i diversi ma la pausa viene naturale, dopo e prima di tanta altra belgitudine.

La notte di sonno tranquillo spegne ogni mal di viaggio, così mi concedo una corsa nel sole che lentamente, fra vapori trasparenti e strade umide, svela una Brugge sconosciuta. Pani in cassetta e mercatini di frutta/verdura, lavoratori in bici con giornale sul portapacchi, gente in attesa del ponte levatoio sotto la torre di cinta, ristoratori che bevono il primo ed unico caffè in pace di tutta la giornata, ancora capaci di un sorriso rilassato. Non poteva che risultarne una colazione improvvisata fuori dalla tenda, anche per festeggiare il battesimo outdoor di Anto ;-) Pacchi incastrati e auto rimessa in pista, ci godiamo poi la campagna senza nessuna fretta!

* Gent sembra un fuori programma – e lo diventa nei fatti: bella, come l’incontro improvviso con una donna che avevamo aspettato tanto a lungo. Esce il sole, l’atmosfera si scalda, il borgo pulsa di vita e tutto sprigiona allegria. Negozi, canali, locali, cattedrali e cantieri… un carico di scene curiose e piacevolissime. Scopro un Duomo notevole, mistico ed artistico, con una cripta che affonda nella storia d’Europa. Scopriamo che le vie migliori, senza lavori di ammodernamento e piacevoli anche solo da guardare, sono quelle d’acqua, dove cittadini e stranieri si dissetano d’estate ad occhi chiusi. Gustiamo un cartoccio di frites in piazza, una gauffre a regola d’arte in un fumoso bar che puzza d’antico, ed infine alcune caramelle stucchevoli come il sorriso che mostrano.

Abbandonare Gent per rimettersi in strada sembra un delitto. Ma un’altra località ci attrae –  o almeno ha catturato il sottoscritto, già anni fa: Antwerpen, per me città della storia economica, del capitalismo e del commercio, del porto sconfinato e delle culture rimescolate ogni istante. E come spesso accade dopo una lunga attesa, è facile rimanere un po’ delusi. Inizia tutto con il primo traffico, le code e l’immobilismo che tanto contrastano con il piacere dei momenti all’aperto in piena libertà. Ma conquistiamo anche la vecchia tigre, buttando il bagaglio in ostello ed infilandoci in centro, affamati e curiosi come non mai!

* Antwerpen sembra avere tutto – e rischia di dire poco. Moda stiracchiata, vecchi commerci, antico splendore che fatica a riflettersi sull’oggi. Le sponde del grande porto ingialliscono nella luce crepuscolare che avvolge la città. Lo spirito del posto si materializza in un lunghissimo tunnel sotterraneo, che non porta praticamente da nessuna parte: affascinante come ogni cosa che decade ed accende emozioni dimenticate. Sembriamo ora quattro sbandati senza punti di riferimento, senza mete per la cena o destinazioni per lo shopping, e indirizzi per le visite. Una serata ed una mattina passati a vagare nei momenti speciali che solo l’assenza di piani preconfezionati può donare.

Resta così un po’ il vuoto di una città immateriale, effimera, giocata su ricordi luccicanti ed illusioni mondane. Il ritmo allora rallenta, il passo è sempre meno carico di aspettative e ci si lascia cogliere dalle idee più semplici – spesso anche le migliori! Seduti ad un tavolino, birre belghe a ruota libera, pane e companatico improvvisati, aria trasparente ad accompagnare i nostri non/pensieri. Momenti di vuoto puro, di cervello in stand-by che attende, pronto ad accogliere. Tutti presenti, eppure completamente assenti: il bianco della pagina nuova in una storia ancora da scrivere. Solo Antwerpen poteva riuscirci :-)

Questo piccolo, inatteso momento di verità in compagnia dura il tempo di una birra (o più birre ;-): affatto infinito, semplicemente umano. Incominciamo ad intravedere l’Olanda oltre il vicino confine ed i pensieri si riaccendono… sono sirene che cantano e noi non abbiamo la forza di resistere. Antwerpen svanisce così dal nostro viaggio, uscendo di scena con nuove code, traffico e noia: ogni vera storia ha il suo intreccio – dopo un momento di svolta, arriva regolare la caduta.

Che prepara al successivo climax…