Archivio | giugno, 2009

Con quella voglia d’agire…

19 Giu

Rientro da una bella cena in buona compagnia. Focaccia, tonno con melanzane, Soave del Garda; couscous alle verdure, intingono, Rosso del Veneto e Malbec Argentino; frutta esotica e il mitico gelato di RivaReno. Chiacchiere che sanno di vita comune, particolarità italiane, battute sarcastiche e racconti di vicinato. Tutto eccezionalmente italiano, milanese. Anche se non c’è neppure un milanese dop alla tavola.

Nella casa impregnata dell’umido di Giugno avverto gli umori effervescenti per il weekend all’insegna delle Dolomiti. Ritorno alle esperienze di gruppo col CAI, questa volta sezione di Milano. Ritorno con la mente a quanto ero bambino: non dormivo le sera prima della gita, troppa l’eccitazione. Sono incuriosito stanotte, un occhio aperto verso il Sasso Piatto, ormai vecchia cara conoscenza, l’altro chiuso a sognare di prossimi futuri in azione.

Rincasavo a piedi immerso nella marea di persone del venerdì sera, sparse e ammucchiate per strada a sfidare il caldo con bevande gelide per facili risate. Ho buttato un occhio nella vita milanese da bar, quella che tanti decantano. Che qualcuno vorrebbe abbracciassi. Ma non credo conti davvero se persegui questo o quello, se ti interessi di una cosa piuttosto che di un’altra. L’importante è sentirsi abbracciati nel proprio contesto, vivi nell’ambiente che ci appartiene.

Il mio non è questo, non ho dubbi. E per troppo tempo ho tarpato le mie ali in attesa di crescere più forte e capace. Non so se sono pronto per il volo… ma presto o tardi, tornerò a muovermi. Cambiare, ripartire, agire. Oggi e sempre. A modo mio, come al solito.

Il Richiamo della Montagna

6 Giu

Un tentativo sulla strada, in solitaria. Partire dalle Val Mesolcina, poco oltre Bellinzona, per raggiungere il Lago di Como nei pressi di Gravedona. Il tutto in giornata, svariate ore di cammino su sentieri più o meno battuti. Alcuni proprio abbandonati, esili segni di un passato che svanisce anche dal ricordo dei valligiani. Non è la sfida sportiva a spingermi, ma un forte richiamo verso la montagna, tornata protagonista dopo un rigido inverno denso di impegni.

Non riesco a chiudere occhio sul treno elvetico che taglia in due l’aria mattutina. Sopra il Lago di Lugano riposa un velo di nebbia trasparente, mentre la natura si offre giovane e immatura, appena risorta dalle grigie ceneri dell’inverno. Il bus prosegue la corsa e mi lascia a Cama, all’inizio dell’impervia valle che porta il medesimo nome. Paesino deserto, sfiorato dalla prima luce di un sole che fa capolino oltre i Monti Lariani ad est.

Attraverso il fiume ed attacco la salita, entrando in un’ombra di freddo e rugiada immobile. Sento solo il fruscio delle mie gambe che a poco a poco risalgono la parete sinistra della valle, orchestrando il ritmo della fatica. Oltre il primo strappo quasi verticale, la foresta si trasforma: perde il faggio ed il castagno in favore delle conifere. Il sentiero a questo punto serpeggia tra grandi massi, antichi come le leggende che celano, mentre abeti e larici si tengono a distanza lasciando nel mezzo un’aria misteriosa, animata d’immagini fiabesche. Non avverto presenza di altri uomini, regna ovunque un silenzio incantato. Incrocio invece lingue di neve che hanno sventrato la foresta in vari punti, lasciando corridoi di detriti come gocce di colore scuro sulla tela verde del bosco.

Si deve salire ancora qualche passo per accedere ai primi alpeggi. Antichi casolari in pietra, ristrutturati e buoni d’estate come grotti privati, dominano dai bordi dei pochi prati. Qualche anno fa il sentiero era stato ripensato in chiave turistica, collegando la Val di Cama con la gemella Val Bodengo, oltre il confine. Un lungo percorso di boschi e roccia che sarebbe bello ripercorrere anche oggi. Mi viene però il sospetto che non sia più tanto di moda… preferiamo forse limitarci a polenta e pennichella per dimenticare i fastidi cittadini.

Il rifugio che si raggiunge all’alpeggio principale è chiaramente fortunato: apre la vista a una conca scolpita ad arte dal fiume, che nel mezzo si gonfia in uno splendido lago alpino naturale. Faccio tappa sulla riva, rapito da questo specchio increspato che riflette i miei sogni alpinistici: di fronte a me, verso est, dove il sole lotta con nuvole cariche di pioggia, il sentiero risale il fiume per altri mille metri, piegando infine verso nord e passando in Italia.

Studio le cartine, raggiungo il fondo del lago e valuto se proseguire o rinunciare. Parecchia neve, fa una pernacchia alla primavera inoltrata, appollaiata così sulle ripide pareti dei Monti Lariani. Oltre le cime, in una conca rivolta a nord, la situazione non può che essere peggiore. Il lago è gonfio per la neve che si scioglie, e l’erba ha il volto giallastro e rattrappito del vecchio contadino al risveglio.

Mi sdraio dedicandomi il cielo percorso da molte nuvole. Decido serenamente che è meglio farsi un tè, mangiare qualcosa e riguadagnare la valle. Non è per vincere una sfida che mi sono alzato alle 5: per qualcosa di più bello e più vero. Rispondere al richiamo della natura, tornare sui sentieri delle montagne che amo. Godermi quei venti minuti sereno in riva al lago, mentre la luce assume sfumature semplicemente sexy, ha per unico prezzo la fatica del sentiero: un po’ di sudore per qualcosa d’irripetibile!

Sul Lago di Como intanto aspetta la trattoria dove è prevista la cena con una cara amica. La prossima volta arriverò con le mie sole gambe: per oggi, riprendo bus e treno cogliendo le sorprese che gli imprevisti sempre riservano. Una coppia di tedeschi, giovani e allegri nonostante la pioggia, condividono con me il rientro: avevano cercato questa valle per un weekend d’avventura, ma la montagna ha sorpreso anche loro. Intanto una simpatica barista a Cama mi allunga (in tutti i sensi) un caffè: costa come un panino imbottito, ma non chiede nulla per i coloriti racconti su vecchi fasti e tradizioni in via d’estinzione.

So che a casa sono contenti di vedermi tornare, intero e allegro nonostante la rinuncia. Sono felice anch’io: potrò godermi una serata in odore di pioggia fresca, accompagnando le chiacchiere con un riso al pesce persico, classico e corposo piatto lagheé. E siccome le trovate della natura superano ogni fantasia, il crepuscolo ci riserva una valanga d’oro sulla linea ondulata dei Monti Lariani, ad ovest dove ora riposa sotto coperte invernali la dolce Val di Cama.

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