Tag Archives: weisswurst

bollo in pentola…

9 Mag

… nel senso che ci sono novità in arrivo sul blog ;-)

Niente anticipazioni: spero di mettere tutto online al più presto.

Ma intanto non potevo non dire nulla di Andeer e delle sue vacche. In uno dei miei rientri alla casa paterna e materna, felicemente divaganti fra valli e borghi, mi sono imbattuto in questo paesino, due mucche minimo per ogni abitante, che al mio passaggio festeggiava la primavera,  anche eleggendo la vacca più bella. Non la contadina con le guance più rosa. E nemmeno l’animale che produce più latte. No, proprio la vacca più bella. Personalmente, mi sembra fantastico – che ancora sopravvivano queste tradizioni.

Senza dimenticare che il caseificio del paesello fa uno dei formaggi migliori al mondo. Non sono io a dirlo, ma questi qua. Ieri, chiacchierando con il barbuto proprietario, non lo sapevo mica – ma questi formaggi non hanno bisogno di medaglie per farsi apprezzare!

Piccole gioie che arricchiscono il viaggiare… in fondo, le novità del blog riguardano proprio questo :-)

Tschüß!

München hin&zurück

22 Apr

A Monaco di Baviera sono stato tante volte, in stagioni diverse e compagnia varia. Non mi era ancora capitato però di camminare, solo e carico di bagagli, in quella particolare ora del sabato quando i turisti della giornata sono ormai fuggiti e gli avventori serali fremono ancora a casa con le gole secche. Le vie sono luccicanti e quasi deserte, si crea un’atmosfera magica che lascia senza parole. Scorrono immagini leggere, improvvisi flash di vita, l’eco della città che gorgoglia come la spuma delle sue birre chiare e torbide.

Uscivo arzillo e sereno da una cena frugale in un locale fuori dal centro: Monaco offre tanti birrifici, spesso di qualità medio bassa e simili fra loro, nonostante le marche diverse di birra. E queste tendono ormai ad assomigliarsi, anche se la cosa non scoraggia migliaia di persone dal puntare i gomiti sui banconi e ordinare boccali da un litro ad ogni occasione.

Seguendo anch’io la tradizione, mi ero appollaiato su un alto sgabello all’entrata della Paulaner Bräuhaus: legno scuro e alambicchi a vista, dietro la solida presenza dell’oste tutto intento a spillare senza sosta. L’atmosfera giusta per gustare un’insalata di crauti e patate con coppia di weisswurst, perfetti in abbinamento con due birre artigianali della casa, una rarità ormai a München: la Thomasbräu Weizenbier, a cui hanno cambiato il nome ma non la stoffa delle migliori birre di frumento ad alta fermentazione, ed una Spezial Dunkel Bier, scura e torbida, che producono per Pasqua.

Ero arrivato a Monaco con l’idea di riscoprire la città in modo un po’ alternativo, scegliendo tre percorsi cui dedicarmi: pane, birra e sport. In questi tre ambiti la città e la Baviera tutta esprimono qualità e varietà, che alimentano la mia voglia di esplorare. Ma il viaggio era iniziato il giorno precedente con la mia prima esperienza al VinItaly, fiera per eccellenza del vino italiano. Dura sveglia mattutina che la giornata ha poi ampiamente ripagato, non solo per la fortuna di entrare senza dover aprire il borsellino e passare la giornata inebriandosi di buon vino: le quantità versate, prima ancora che la propria coscienza, rendono il gioco quasi inutile e sicuramente molto lungo.

La vera opportunità, e ciò che fa differenza, è poter entrare bene accompagnati: con un distributore, un albergatore o qualche sommelier da ascoltare e seguire mentre fa breccia nei cuori dei produttori. Quando non ci sono resistenze, viene fuori la cordialità e la generosità: il buon vino, i racconti personali, la passione di chi cresce i grappoli come figli, si percepiscono all’istante e rendono l’esperienza davvero unica. Poco importa se i grandi nomi blasonati ci snobbano come fanno con la maggioranza: credono di non aver bisogno di noi, anche se la crisi forse li riporterà con i piedi per terra. E le mani in vigna, mi auguro.

Non caschiamo nel tranello del marketing e portiamo avanti una degustazione di realtà piccole, aziende a dimensione umana, prodotti onesti, tradizionali ma anche di ricerca. Si potrebbe descriverli come vini schietti, decisi, che puntano al cuore e in alcune occasioni lo conquistano. Appagati, verso la fine della giornata, ci abbandoniamo al Vino Santo e la mente non può che stare al gioco.

Saluto i due amici sommelier alla stazione di Verona e mi preparo al viaggio in solitaria, anche se per la sera ho in programma la mia prima esperienza da ospite nel network di CouchSurfing. Non è un modo gratuito per soggiornare, ma una comunità internazionale per viaggiare conoscendo le persone del posto e aprendosi alle curiosità locali: aiutando e lasciandosi aiutare. Avevo già ospitato a Milano, ma era la prima volta che mi facevo ospitare, e non mi sarei mai aspettato di chiacchierare così intimamente con una persona estranea.

Ma è questa una splendida sorpresa del vivere le avventure in modo un poco alternativo. Persona molto generosa e gentile, Giuseppe del Lago di Garda. Mi ha offerto un letto e un’ottima cena; non ha neppure lamentano alcun fastidio per la sveglia alle sei di sabato mattina, quando sono ripartito verso München. Pensandoci ora, chiamare un’altra persona “estraneo” è una forzatura innaturale. Se è vero, come credo, che siamo animali sociali e che la vera felicità è quella condivisa, nell’incontro tra persone non c’è mai estraneità se si vive apertamente, se si va “incontro all’altro”.

Lunghe e solitarie invece le ore in macchina, pensieri e musica per compagni e scenografie alpine di lunghe valli grigie e verdognole. La primavera tenta di conquistare la quota dei passi, ma la neve è tenace, il freddo ancora pungente. Al Passo del Brennero valico la catena delle montagne e mi porto fuori dal mio territorio, anche se solo da un punto di vista politico: personalmente mi sento più a casa tra declivi e cime che tra le vie di Milano. Questo viaggio in solitaria rappresenta anche una piccola sfida, come il bimbo che si solleva in piedi per l’ennesimo tentativo di camminare e spera sia la volta buona.

München non arriva improvvisa, la vecchia 206 non permette volate autostradali. Resto stupito dall’ambiente da steppa russa della pallida mattina Bavarese: erba gialla schiacciata, coronata da una nebbiolina grigia umida. Non vedo l’ora di poggiare le scarpe a terra e muovermi per le vie della città, quindi mi basta un salto in ostello per ripartire lesto zaino in spalla. Sento tutta Monaco di Baviera davanti a me senza limiti, e io conservo un’abbondante riserva di energia da scaricare.

La prima tappa della camminata, questa volta interamente cittadina, è uno splendido negozio di prodotti biologici e naturali. Aumento notevolmente il peso dello zaino e capisco subito che sarà inadeguato per tutti i campioni di prodotti che cerco. Esco e mentre cammino degusto un brötchen integrale ai semi con una generosa porzione di leberkäse, poi un brezel stupefacente (preso in un piccolo stand della stazione centrale) e infine un pane dolce pasquale.

Sfamato, non mi resta che esplorare Monaco secondo i tre filoni del mio cammino. Il pane è indubbiamente una delle produzioni artigianali più riuscite del popolo tedesco. Le qualità migliori sono a lievitazione naturale (ancora diffusa), cotti in forme grandi e ottenuti da una miscela di farine di segale e di frumento. Hanno gusto deciso e impasto compatto ma morbido, un sapore acidulo caratteristico; soprattutto, creano una problematica dipendenza in chiunque li assapori.

Purtroppo in Italia sono rimasti in pochi a realizzare pani paragonabili a quelli tedeschi, cosa che ha dell’incredibile: in tutto il mondo invidiano le tipologie di pane e pagnotte della tradizione italiana. Ma fate un giro per Milano e solo qualche panettiere, Princi davanti a tutti, è in grado di competere per qualità (ma non per prezzo!) con tedeschi e austriaci, o francesi. Ennesima conferma che stiamo sciupando quanto di meglio abbiamo saputo fare per secoli, nell’indifferenza generale.

Il mio tour di panificazione era iniziato prima ancora dell’ostello, da un panettiere di quartiere: la Bäckerei Seidl. Bel modo per assaporare fin da subito lo spirito locale, genuino ed estraneo ai traffici del centro, alle migliaia di turisti che finiscono per influenzare anche la qualità e la ricchezza di quello che mettiamo sotto i denti. Trovo un pane essenziale, abbastanza asciutto e leggero per la sua tipologia, nel classico taglio allungato. Sorrido alla cassiera, stupita di scoprire uno straniero dal tedesco assolutamente inadeguato che si porta a casa quasi un chilo di pane, appena in tempo prima della chiusura alle 12 del sabato, a 6 ore dall’apertura.

Il paragone con il secondo panificatore, Hofpfisterei, è irrinunciabile: si tratta di una realtà importante e molto diffusa in tutta la bassa Germania, che produce comunque un pane eccezionale. Pasta molto fine lievitata ad arte, dove segale e frumento si sposano alla perfezione e l’uso di prodotti unicamente biologici esalta i sapori. Diverso da Seidl: più pesante e denso, anche più speziato. Purtroppo trovo chiuso il terzo panettiere, Fritz Mühlenbäckerei. dove volevo sperimentare l’arte del pane in cassetta in versione tedesca, quello che noi chiamiamo pancarré o volgarmente pane da toast. Mi delude invece un locale centralissimo con i suoi duri e freddi brezel, ma ne ho scacciato subito il sapore.

Il sole già basso verso ovest mi ricorda improvvisamente dello scorrere del tempo. Soddisfatto per il momento lo spirito culinario, mi butto alla ricerca di articoli sportivi nei due grandi negozi che offre la città, irrinunciabili per un camminatore. E’ bello lasciarsi cogliere alla sprovvista nel lungo curiosare e uscire alla fine con la lista della spesa rivoluzionata. Seguendo le occasioni e le sorprese del caso, spesso si acquista ciò che rende più felici, oggetti che entrano immediatamente a far parte della vita quotidiana.

Decido, senza avere piani precisi, di tentare la via dei negozi gourmet per scovare del companatico all’altezza del mio pane, il cui profumo mi aveva intanto inebriato senza lasciarmi scampo. Purtroppo, non tutto ciò che luccica è oro: i negozi mi deludono e penso che in fondo, per un Peck di città, posso sempre restare a Milano. München offre ancora qualche ottimo birrificio artigianale, se si è disposti a cercare un poco.

Esco allora dal centro e attraverso un cimitero monumentale di epoca napoleonica, oggi praticamente un parco. Luogo lugubre e un po’ tenebroso, incredibilmente affascinante. Arrivo infine alla Paulaner Bräuhaus, dove sotto il controllo del noto produttore industriale continua a operare la vecchia proprietà. E’ una gioia trovare anche in questo percorso i prodotti più genuini, che dissetano e soddisfano il palato: il mio era proprio assetato, tanto che il primo boccale svanisce veloce ed il secondo completa a meraviglia la cena.

Dopo più di un’ora chiudo la porta della stanza d’ostello, lasciandomi alle spalle la lunga camminata, carico di borse e pensieri ma leggero di cuore e di spirito. Provo i quarti di pane raccolti sul sentiero, studio gli acquisti e organizzo per il viaggio di ritorno. Quando m’infilo a letto, nella stanza vuota dei baldi giovani ancora agli inizi delle loro brave serate, sono appena le 11. Gli occhi si chiudono e mi rilasso, ansioso per la giornata che mi aspetta e sicuro di passare una notte abbastanza insonne.

Dormo infatti poco e ben prima delle sette lascio l’ostello, carico di aspettative. Mi butto alla ricerca di un secondo panettiere di quartiere, aperto la domenica mattina per le tradizionali colazioni in panetteria. Che bell’usanza! Da Bäckerei Hoffmann gusto un croissant spettacolare, prossimo ai migliori francesi che abbia mai provato. Spalmo con avidità burro e marmellata sui brötchen, e compro un pane a metà prezzo perché del giorno prima: sembra fresco di giornata, solo un po’ più acido e saporito, con una crosta di carattere che si mastica volentieri.

Riparto dopo aver salutato due monachesi incuriositi dalla mia presenza. Questo viaggio che ha per punta di diamante München, mi appare ora un cammino andata e ritorno, hin und zurück, in una realtà diversa esplorata per sentieri poco battuti, all’avventura. Come in montagna, nella natura inaspettata, scegliamo dove passare, quali cime raggiungere e quali viste conquistare… per lasciarci sorprendere dal caso lungo il cammino e stupirci, sempre, ancora, come non siamo più capaci di fare!

Monto sulla 206 sicuro e divertito al pensiero che come cavaliere del terzo millennio cavalco un destriero azzurro metallizzato: un’auto francese piccola e un po’ scassata, a cui sono legato per le avventure passate insieme. Curiosamente, è stata proprio lei a portarmi a Monaco la prima volta: ora sta salutando dopo il ritorno, un arrivederci fino al prossimo incontro.

La campagna bavarese di collinette e campi incolti riempie i finestrini a lungo. Non sembra più la tundra russa, ma un quadro di Monet se invece di affacciarsi sulla Senna si fosse seduto su una panchina dell’Ammersee. Raggiungo Andechs ma è troppo presto, appena le nove. Esploro l’abbazia e chiedo gentilmente se posso bere una birra, ma per unica risposta ottengo un bel sorriso. Mi consolo comprando un pacco di birre e consumando una lauta seconda colazione in compagnia del mio destriero.

Quella della Klosterbrauerei Andechs è un’altra birra speciale ad alta qualità: le dunkel tedesche, spesso spezial bier di fatto, si esprimono al meglio in questa produzione ancora artigianale che somma nella Andechser Doppelbock. Ma ho in serbo ancora un ultimo indirizzo da sperimentare: il Kloster Ettal con la sua Curator Doppelbock, altra dunkel speziata e torbida. Quando raggiungo il monastero trovo una valle raccolta per le celebrazioni della Domenica delle Palme, una vera festa di benvenuto alla primavera. Mentre un timido sole tra le nuvole basse cerca di scaldarmi, compro un altro pacco di birra, in attesa della degustazione serale comodamente seduto a casa.

Mi butto sulle Alpi, le mie amate montagne. Numerose ore di viaggio mi attendono, su strade principali ma non veloci, con aperte visioni di località turistiche ormai fuori stagione. Ancora una tappa, appena valicato il confine austriaco, a Kematen per ritrovare un panettiere del mio passato, Der Bäcker Ruetz. Al primo impatto sembra una mensa self-service dove un’orda di paesani e cittadini di Innsbruck animano chiassosamente il pranzo della domenica. Il pane però è ottimo: ben cotto verso il croccante, con paste acide sapide e molto lievitate, ricche nella segale. Prendo al volo anche un nussschnecke, per noi italiani una girella di pasta brioche piena di noci, e un bel caffè lungo qualche chilometro di allegro viaggio.

Mescolo le carte con la compagnia di Ligabue e canti a squarcia gola: potrebbero arrestarmi per disturbo in movimento della quiete pubblica, ma non fermo l’auto fino alla “mia” piazzola sul Silser See al passo del Maloja. Nella natura da urlo dell’estrema Engadina, consumo il pranzo senza regole né orari, baciato dal sole che si riflette nel lago ancora ghiacciato. Il finale lungo la Strada Regina del Lago di Como è una piccola passione del viaggiatore. Sono però felice e soddisfatto: anche se mi riesce difficile spiegarlo al momento dell’arrivo, godo la ricchezza delle esperienze vissute.

Il cuore è pieno di emozioni e la mente conserva gli attimi più intensi di un viaggio estenuante e vario. Una camminata di incontri, ritrovi, andate e ritorni; poco spazio e voglia per le foto, questa volta. In solitaria è particolare, ci si scopre immersi in tanti dialoghi interiori, e allo stesso tempo si colgono tutte le occasioni di relazione con gli altri. Riesce spesso difficile ricordarsi della macchina fotografica. Preferisco cogliere l’attimo nel momento in cui si verifica, piuttosto che incastrarlo in un’istantanea. Lasciare che evolva dentro, che si trasformi. L’immagine è buona per ravvivare l’emozione, ma questa può emergere solo se la custodiamo già nel cuore.

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