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1.1.11 / alba

2 Gen

Niente post d’auguri, nel finale duemila/dieci – è un periodo poco scribacchino, di forte cambiamento…

Nel duemila/undici ci saranno tante novità – anche il blog dovrà trasformarsi e seguire il corso degli eventi…

E allora ho pensato di onorare l’alba del capodanno a modo mio, salendo sulla montagna più alta fra quelle che mi circondano per cogliere la luce nuova e conservarla nel cuore e nella mente.

il mio miglior augurio per l’anno nuovo

 

NorthForth/6 . Texel

12 Ago

Quante volte vi è capitato di vedere i personaggi di un film correre in spiaggia, circondati da gabbiani ed illuminati da una tiepida luce? Quante volte ho pensato alla banalità di questa scena – portandomi però dietro la curiosità di scoprire come sia davvero, correre liberi in riva al mare di primo mattino…

A Texel, piccola isola all’estremità nord dell’Olanda, ho finalmente soddisfatto la curiosità. Ho provato di persona l’esperienza (seguito da Anto in versione sportiva), cercandola ma lasciandomi sorprendere. La sabbia è dura e fredda, sveglia i piedi e quindi la mente. L’aria è sempre in movimento, la luce è profonda e non scalda, ma rischiara la mente. Tutto è quieto, i suoni si orchestrano in una melodia senza spartito ma che trasporta, fa volare… E ci si lascia andare, si allargano le braccia ad imitare il gabbiano con un sorriso di piacere, puro e intenso!

Io che i gabbiani, senza motivo (o forse per colpa di quel Livingston!), li ho sempre mal sopportati. La corsa e la spiaggia e la libertà mi hanno fatto sentire leggero come un gabbiano che vola, vola e punta dritto la dove deve andare – l’istinto che segna la direzione senza inutili pensieri.

Non è poco, per un’isoletta scoperta frettolosamente. Non è male, per l’ultimo giorno di ferie: arrivati a toccare il punto più a nord del viaggio, restava solo la via del ritorno, giù verso sud. Ma il Mar del Nord andava incontrato, almeno annusato. Per segnare il momento nel cuore e chiudere la NorthForth, DirezioneNord, che aveva orientato il nostro viaggiare. Ultime battute, poi casa e lavoro.

Texel è venuta dopo Amsterdam: un’eredità difficile da reggere. Ma l’isoletta ha giocato di contropiede, offrendo un piatto ben diverso dai mille sapori della città: un gusto locale e rilassato, semplice ed essenziale, povero nei mezzi ma di ampio respiro. Dalla città avevamo portato con noi parecchie vivande per banchettare al chiarore della (quasi) infinita sera nordica… Per addormentarci infine sotto le stelle, dalla tenda piazzata in mezzo alle dune.

Questi olandesi amano il campeggio, adorano i camper, le tende e naturalmente le bici. Un bel vedere per noi che veniamo da terre ben diverse. Un Paese che vive molto all’aperto, piuttosto che al chiuso; che cerca la natura, preferendo l’organico all’artificiale. Avverto una sintonia imprevista tra me e questa gente. Forse potrei anche io trasferirmi con un camper sulle Isole Frisone, a viver di pesca e pecorelle…

Ma intanto non potevamo farci sfuggire l’occasione di un bagno nel Mar del Nord! Tanta fatica per arrivarci e non provare l’acqua? Non da me, non da Cambo. Incuranti di cartelli e baristi minacciosi, ci siamo “tuffati” nel mare – per tre minuti ;-) Acqua gelida e sporchina, con spiaggia sabbiosa e sterminata, praticamente deserta. Dicono si riempia solo a Luglio ed Agosto: tanto meglio, diciamo noi!

Lo sguardo di un faro imponente ci accompagnava tutto il tempo: noi scrutavamo lui, lui curava noi. Mi piace l’idea di una luce sempre pronta a rompere le tenebre anche per me. Un punto fermo per la vista smarrita. Una direzione da cogliere e seguire…

Al mattino, con una bella luce brillante (nonostante l’ora), alzarsi e correre non era stato un grande sforzo. La giornata era iniziata con una tale carica di libertà, che mi ero deciso a lasciar andare le briglia del viaggio. Perché occuparmi tanto del dove e come andare? Era stata la scelta migliore, guidare e scegliere e spingere? Basta: volevo provare la spontaneità assoluta – e vedere cosa ne sarebbe saltato fuori!

Ma questo è l’epilogo della storia. E merita due parole a parte ;-)

Il Richiamo della Montagna

6 Giu

Un tentativo sulla strada, in solitaria. Partire dalle Val Mesolcina, poco oltre Bellinzona, per raggiungere il Lago di Como nei pressi di Gravedona. Il tutto in giornata, svariate ore di cammino su sentieri più o meno battuti. Alcuni proprio abbandonati, esili segni di un passato che svanisce anche dal ricordo dei valligiani. Non è la sfida sportiva a spingermi, ma un forte richiamo verso la montagna, tornata protagonista dopo un rigido inverno denso di impegni.

Non riesco a chiudere occhio sul treno elvetico che taglia in due l’aria mattutina. Sopra il Lago di Lugano riposa un velo di nebbia trasparente, mentre la natura si offre giovane e immatura, appena risorta dalle grigie ceneri dell’inverno. Il bus prosegue la corsa e mi lascia a Cama, all’inizio dell’impervia valle che porta il medesimo nome. Paesino deserto, sfiorato dalla prima luce di un sole che fa capolino oltre i Monti Lariani ad est.

Attraverso il fiume ed attacco la salita, entrando in un’ombra di freddo e rugiada immobile. Sento solo il fruscio delle mie gambe che a poco a poco risalgono la parete sinistra della valle, orchestrando il ritmo della fatica. Oltre il primo strappo quasi verticale, la foresta si trasforma: perde il faggio ed il castagno in favore delle conifere. Il sentiero a questo punto serpeggia tra grandi massi, antichi come le leggende che celano, mentre abeti e larici si tengono a distanza lasciando nel mezzo un’aria misteriosa, animata d’immagini fiabesche. Non avverto presenza di altri uomini, regna ovunque un silenzio incantato. Incrocio invece lingue di neve che hanno sventrato la foresta in vari punti, lasciando corridoi di detriti come gocce di colore scuro sulla tela verde del bosco.

Si deve salire ancora qualche passo per accedere ai primi alpeggi. Antichi casolari in pietra, ristrutturati e buoni d’estate come grotti privati, dominano dai bordi dei pochi prati. Qualche anno fa il sentiero era stato ripensato in chiave turistica, collegando la Val di Cama con la gemella Val Bodengo, oltre il confine. Un lungo percorso di boschi e roccia che sarebbe bello ripercorrere anche oggi. Mi viene però il sospetto che non sia più tanto di moda… preferiamo forse limitarci a polenta e pennichella per dimenticare i fastidi cittadini.

Il rifugio che si raggiunge all’alpeggio principale è chiaramente fortunato: apre la vista a una conca scolpita ad arte dal fiume, che nel mezzo si gonfia in uno splendido lago alpino naturale. Faccio tappa sulla riva, rapito da questo specchio increspato che riflette i miei sogni alpinistici: di fronte a me, verso est, dove il sole lotta con nuvole cariche di pioggia, il sentiero risale il fiume per altri mille metri, piegando infine verso nord e passando in Italia.

Studio le cartine, raggiungo il fondo del lago e valuto se proseguire o rinunciare. Parecchia neve, fa una pernacchia alla primavera inoltrata, appollaiata così sulle ripide pareti dei Monti Lariani. Oltre le cime, in una conca rivolta a nord, la situazione non può che essere peggiore. Il lago è gonfio per la neve che si scioglie, e l’erba ha il volto giallastro e rattrappito del vecchio contadino al risveglio.

Mi sdraio dedicandomi il cielo percorso da molte nuvole. Decido serenamente che è meglio farsi un tè, mangiare qualcosa e riguadagnare la valle. Non è per vincere una sfida che mi sono alzato alle 5: per qualcosa di più bello e più vero. Rispondere al richiamo della natura, tornare sui sentieri delle montagne che amo. Godermi quei venti minuti sereno in riva al lago, mentre la luce assume sfumature semplicemente sexy, ha per unico prezzo la fatica del sentiero: un po’ di sudore per qualcosa d’irripetibile!

Sul Lago di Como intanto aspetta la trattoria dove è prevista la cena con una cara amica. La prossima volta arriverò con le mie sole gambe: per oggi, riprendo bus e treno cogliendo le sorprese che gli imprevisti sempre riservano. Una coppia di tedeschi, giovani e allegri nonostante la pioggia, condividono con me il rientro: avevano cercato questa valle per un weekend d’avventura, ma la montagna ha sorpreso anche loro. Intanto una simpatica barista a Cama mi allunga (in tutti i sensi) un caffè: costa come un panino imbottito, ma non chiede nulla per i coloriti racconti su vecchi fasti e tradizioni in via d’estinzione.

So che a casa sono contenti di vedermi tornare, intero e allegro nonostante la rinuncia. Sono felice anch’io: potrò godermi una serata in odore di pioggia fresca, accompagnando le chiacchiere con un riso al pesce persico, classico e corposo piatto lagheé. E siccome le trovate della natura superano ogni fantasia, il crepuscolo ci riserva una valanga d’oro sulla linea ondulata dei Monti Lariani, ad ovest dove ora riposa sotto coperte invernali la dolce Val di Cama.

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